L’industria del riciclo si presenta agli Stati Generali come volano della green economy

giuseppe.colonna • nov 08, 2012

La sostenibilità come vettore pragmaticamente economico, non solo come elemento etico e ideale: la svolta è ormai realtà, rappresentata nel concreto da elementi già divenuti di peso nel nostro sistema economico. È il caso della filiera del riciclo e del recupero degli imballaggi, che si presenta oggi ad Ecomondo e agli Stati Generali della Green Economy per quello che ormai è, un settore industriale strategico ed in controtendenza rispetto all’andamento generale dell’economia (+7,1% di crescita del giro d’affari nell’ultimo anno).

Proprio nell’ambito degli Stati Generali della Green Economy, Walter Facciotto (nella foto), direttore generale Conai – il Consorzio Nazionale Imballaggi che ricopre un ruolo cruciale nella filiera del riciclo dei materiali di imballaggio – ha coordinato in questi mesi le attività del gruppo di lavoro Sviluppo dell’ecoefficienza, della rinnovabilità dei materiali e del riciclo dei rifiuti. Tappe centrali del percorso verso un’economia verde, infatti, sono proprio lo sviluppo di processi di ecoinnovazione ed ecoefficienza che guidino il Paese verso un utilizzo sostenibile delle risorse e dei materiali, verso interventi di prevenzione della produzione dei rifiuti, riduzione degli sprechi, e soprattutto verso l’impiego di materie prime seconde.

In un contesto globale caratterizzato dall’aumento della domanda di materie prime, con rilevanti impatti ambientali ed economici, cresce la necessità del loro utilizzo in modo più efficiente, di ridurne i consumi e di promuovere l’impiego delle materie prime rinnovabili migliorando le performance e gli impatti ambientali.

L’utilizzo di materie prime seconde da rifiuti, grazie alla maggiore offerta quantitativa e qualitativa di rifiuti provenienti dalla raccolta differenziata e allo sviluppo dell’industria del trattamento, al quale contribuisce in misura sempre maggiore anche la filiera degli imballaggi, saranno, quindi, fondamentali per la competitività, la sostenibilità e la sicurezza dell’approvvigionamento di materiali a medio e lungo termine.

Il mercato delle materie da riciclo, che ormai risponde alle stesse logiche del mercato delle commodities, è in grado di creare ricchezza anche in termini di benefici ambientali collettivi. Grazie all’utilizzo di materie prime seconde si riducono infatti le emissioni di CO2, il ricorso alle materie prime, i consumi energetici e il ricorso alla discarica. Dal 1999 al 2011 la raccolta, il riciclo e il riuso dei materiali di imballaggio ha portato 11,1 miliardi di euro di benefici netti all’Italia.

Il volume d’affari del riciclo degli imballaggi è più del doppio del settore eolico italiano e oltre il 60% di quello fotovoltaico. L’industria del riciclo oggi vale più di settori industriali ben più radicati e storici nell’ambito del sistema Paese, ad esempio il tessile (8,4 miliardi di fatturato – fonte Centro studi Moda Italia) e pari al settore della cosmetica. Rispetto all’anno precedente, il giro d’affari dell’indotto e dell’industria del riciclo nel 2011 (9,5 miliardi di euro) ha avuto un incremento del 7,1%, notevolmente superiore all’aumento registrato dal Pil italiano, che è stato solo dello 0,4%, e all’incremento della produzione industriale che si è attestato allo 0,1%.

«Grazie all’attività che il Sistema Consortile ha svolto e continua a svolgere sul territorio con i Comuni sulla base dell’Accordo Anci-Conai, è stato possibile sfruttare le cosiddette “miniere metropolitane” – afferma Walter Facciotto – i rifiuti urbani da problema si sono trasformati in una risorsa da valorizzare per produrre nuova ricchezza. In questo contesto, l’industria italiana della valorizzazione e della preparazione al riciclo è forte e qualificata e pronta a guardare avanti investendo sempre maggiori risorse sia economiche sia umane».

L’obiettivo è quello di creare le condizioni per una reale “Società del riciclo”: entro il 2020 dovranno infatti essere riciclati il 50% dei rifiuti di carta, legno, plastica e vetro prodotti nel nostro Paese. Obiettivi che potrebbero essere raggiunti migliorando i sistemi di raccolta differenziata dove non ancora presenti, sviluppando tecnologie e soluzioni sempre nuove per ridurre gli scarti derivanti dalle attività di trattamento, aumentando la resa nella valorizzazione dei materiali raccolti a livello urbano e soprattutto sviluppando il mercato dei prodotti a base di materiale da riciclo – ad esempio tramite il Green Public Procurement – un obiettivo per raggiungere il quale rimane imprescindibile riorientare risorse ed incentivi già stanziati altrove, dunque senza gravare ulteriormente sulle finanze pubbliche. Dopo le (buone) parole rimane dunque l’attesa per i fatti.La sostenibilità come vettore pragmaticamente economico, non solo come elemento etico e ideale: la svolta è ormai realtà, rappresentata nel concreto da elementi già divenuti di peso nel nostro sistema economico. È il caso della filiera del riciclo e del recupero degli imballaggi, che si presenta oggi ad Ecomondo e agli Stati Generali della Green Economy per quello che ormai è, un settore industriale strategico ed in controtendenza rispetto all’andamento generale dell’economia (+7,1% di crescita del giro d’affari nell’ultimo anno).

Proprio nell’ambito degli Stati Generali della Green Economy, Walter Facciotto (nella foto), direttore generale Conai – il Consorzio Nazionale Imballaggi che ricopre un ruolo cruciale nella filiera del riciclo dei materiali di imballaggio – ha coordinato in questi mesi le attività del gruppo di lavoro Sviluppo dell’ecoefficienza, della rinnovabilità dei materiali e del riciclo dei rifiuti. Tappe centrali del percorso verso un’economia verde, infatti, sono proprio lo sviluppo di processi di ecoinnovazione ed ecoefficienza che guidino il Paese verso un utilizzo sostenibile delle risorse e dei materiali, verso interventi di prevenzione della produzione dei rifiuti, riduzione degli sprechi, e soprattutto verso l’impiego di materie prime seconde.

In un contesto globale caratterizzato dall’aumento della domanda di materie prime, con rilevanti impatti ambientali ed economici, cresce la necessità del loro utilizzo in modo più efficiente, di ridurne i consumi e di promuovere l’impiego delle materie prime rinnovabili migliorando le performance e gli impatti ambientali.

L’utilizzo di materie prime seconde da rifiuti, grazie alla maggiore offerta quantitativa e qualitativa di rifiuti provenienti dalla raccolta differenziata e allo sviluppo dell’industria del trattamento, al quale contribuisce in misura sempre maggiore anche la filiera degli imballaggi, saranno, quindi, fondamentali per la competitività, la sostenibilità e la sicurezza dell’approvvigionamento di materiali a medio e lungo termine.

Il mercato delle materie da riciclo, che ormai risponde alle stesse logiche del mercato delle commodities, è in grado di creare ricchezza anche in termini di benefici ambientali collettivi. Grazie all’utilizzo di materie prime seconde si riducono infatti le emissioni di CO2, il ricorso alle materie prime, i consumi energetici e il ricorso alla discarica. Dal 1999 al 2011 la raccolta, il riciclo e il riuso dei materiali di imballaggio ha portato 11,1 miliardi di euro di benefici netti all’Italia.

Il volume d’affari del riciclo degli imballaggi è più del doppio del settore eolico italiano e oltre il 60% di quello fotovoltaico. L’industria del riciclo oggi vale più di settori industriali ben più radicati e storici nell’ambito del sistema Paese, ad esempio il tessile (8,4 miliardi di fatturato – fonte Centro studi Moda Italia) e pari al settore della cosmetica. Rispetto all’anno precedente, il giro d’affari dell’indotto e dell’industria del riciclo nel 2011 (9,5 miliardi di euro) ha avuto un incremento del 7,1%, notevolmente superiore all’aumento registrato dal Pil italiano, che è stato solo dello 0,4%, e all’incremento della produzione industriale che si è attestato allo 0,1%.

«Grazie all’attività che il Sistema Consortile ha svolto e continua a svolgere sul territorio con i Comuni sulla base dell’Accordo Anci-Conai, è stato possibile sfruttare le cosiddette “miniere metropolitane” – afferma Walter Facciotto – i rifiuti urbani da problema si sono trasformati in una risorsa da valorizzare per produrre nuova ricchezza. In questo contesto, l’industria italiana della valorizzazione e della preparazione al riciclo è forte e qualificata e pronta a guardare avanti investendo sempre maggiori risorse sia economiche sia umane».

L’obiettivo è quello di creare le condizioni per una reale “Società del riciclo”: entro il 2020 dovranno infatti essere riciclati il 50% dei rifiuti di carta, legno, plastica e vetro prodotti nel nostro Paese. Obiettivi che potrebbero essere raggiunti migliorando i sistemi di raccolta differenziata dove non ancora presenti, sviluppando tecnologie e soluzioni sempre nuove per ridurre gli scarti derivanti dalle attività di trattamento, aumentando la resa nella valorizzazione dei materiali raccolti a livello urbano e soprattutto sviluppando il mercato dei prodotti a base di materiale da riciclo – ad esempio tramite il Green Public Procurement – un obiettivo per raggiungere il quale rimane imprescindibile riorientare risorse ed incentivi già stanziati altrove, dunque senza gravare ulteriormente sulle finanze pubbliche. Dopo le (buone) parole rimane dunque l’attesa per i fatti.

La sostenibilità come vettore pragmaticamente economico, non solo come elemento etico e ideale: la svolta è ormai realtà, rappresentata nel concreto da elementi già divenuti di peso nel nostro sistema economico. È il caso della filiera del riciclo e del recupero degli imballaggi, che si presenta oggi ad Ecomondo e agli Stati Generali della Green Economy per quello che ormai è, un settore industriale strategico ed in controtendenza rispetto all’andamento generale dell’economia (+7,1% di crescita del giro d’affari nell’ultimo anno).

Proprio nell’ambito degli Stati Generali della Green Economy, Walter Facciotto (nella foto), direttore generale Conai – il Consorzio Nazionale Imballaggi che ricopre un ruolo cruciale nella filiera del riciclo dei materiali di imballaggio – ha coordinato in questi mesi le attività del gruppo di lavoro Sviluppo dell’ecoefficienza, della rinnovabilità dei materiali e del riciclo dei rifiuti. Tappe centrali del percorso verso un’economia verde, infatti, sono proprio lo sviluppo di processi di ecoinnovazione ed ecoefficienza che guidino il Paese verso un utilizzo sostenibile delle risorse e dei materiali, verso interventi di prevenzione della produzione dei rifiuti, riduzione degli sprechi, e soprattutto verso l’impiego di materie prime seconde.

In un contesto globale caratterizzato dall’aumento della domanda di materie prime, con rilevanti impatti ambientali ed economici, cresce la necessità del loro utilizzo in modo più efficiente, di ridurne i consumi e di promuovere l’impiego delle materie prime rinnovabili migliorando le performance e gli impatti ambientali.

L’utilizzo di materie prime seconde da rifiuti, grazie alla maggiore offerta quantitativa e qualitativa di rifiuti provenienti dalla raccolta differenziata e allo sviluppo dell’industria del trattamento, al quale contribuisce in misura sempre maggiore anche la filiera degli imballaggi, saranno, quindi, fondamentali per la competitività, la sostenibilità e la sicurezza dell’approvvigionamento di materiali a medio e lungo termine.

Il mercato delle materie da riciclo, che ormai risponde alle stesse logiche del mercato delle commodities, è in grado di creare ricchezza anche in termini di benefici ambientali collettivi. Grazie all’utilizzo di materie prime seconde si riducono infatti le emissioni di CO2, il ricorso alle materie prime, i consumi energetici e il ricorso alla discarica. Dal 1999 al 2011 la raccolta, il riciclo e il riuso dei materiali di imballaggio ha portato 11,1 miliardi di euro di benefici netti all’Italia.

Il volume d’affari del riciclo degli imballaggi è più del doppio del settore eolico italiano e oltre il 60% di quello fotovoltaico. L’industria del riciclo oggi vale più di settori industriali ben più radicati e storici nell’ambito del sistema Paese, ad esempio il tessile (8,4 miliardi di fatturato – fonte Centro studi Moda Italia) e pari al settore della cosmetica. Rispetto all’anno precedente, il giro d’affari dell’indotto e dell’industria del riciclo nel 2011 (9,5 miliardi di euro) ha avuto un incremento del 7,1%, notevolmente superiore all’aumento registrato dal Pil italiano, che è stato solo dello 0,4%, e all’incremento della produzione industriale che si è attestato allo 0,1%.

«Grazie all’attività che il Sistema Consortile ha svolto e continua a svolgere sul territorio con i Comuni sulla base dell’Accordo Anci-Conai, è stato possibile sfruttare le cosiddette “miniere metropolitane” – afferma Walter Facciotto – i rifiuti urbani da problema si sono trasformati in una risorsa da valorizzare per produrre nuova ricchezza. In questo contesto, l’industria italiana della valorizzazione e della preparazione al riciclo è forte e qualificata e pronta a guardare avanti investendo sempre maggiori risorse sia economiche sia umane».

L’obiettivo è quello di creare le condizioni per una reale “Società del riciclo”: entro il 2020 dovranno infatti essere riciclati il 50% dei rifiuti di carta, legno, plastica e vetro prodotti nel nostro Paese. Obiettivi che potrebbero essere raggiunti migliorando i sistemi di raccolta differenziata dove non ancora presenti, sviluppando tecnologie e soluzioni sempre nuove per ridurre gli scarti derivanti dalle attività di trattamento, aumentando la resa nella valorizzazione dei materiali raccolti a livello urbano e soprattutto sviluppando il mercato dei prodotti a base di materiale da riciclo – ad esempio tramite il Green Public Procurement – un obiettivo per raggiungere il quale rimane imprescindibile riorientare risorse ed incentivi già stanziati altrove, dunque senza gravare ulteriormente sulle finanze pubbliche. Dopo le (buone) parole rimane dunque l’attesa per i fatti.

La sostenibilità come vettore pragmaticamente economico, non solo come elemento etico e ideale: la svolta è ormai realtà, rappresentata nel concreto da elementi già divenuti di peso nel nostro sistema economico. È il caso della filiera del riciclo e del recupero degli imballaggi, che si presenta oggi ad Ecomondo e agli Stati Generali della Green Economy per quello che ormai è, un settore industriale strategico ed in controtendenza rispetto all’andamento generale dell’economia (+7,1% di crescita del giro d’affari nell’ultimo anno).

Proprio nell’ambito degli Stati Generali della Green Economy, Walter Facciotto (nella foto), direttore generale Conai – il Consorzio Nazionale Imballaggi che ricopre un ruolo cruciale nella filiera del riciclo dei materiali di imballaggio – ha coordinato in questi mesi le attività del gruppo di lavoro Sviluppo dell’ecoefficienza, della rinnovabilità dei materiali e del riciclo dei rifiuti. Tappe centrali del percorso verso un’economia verde, infatti, sono proprio lo sviluppo di processi di ecoinnovazione ed ecoefficienza che guidino il Paese verso un utilizzo sostenibile delle risorse e dei materiali, verso interventi di prevenzione della produzione dei rifiuti, riduzione degli sprechi, e soprattutto verso l’impiego di materie prime seconde.

In un contesto globale caratterizzato dall’aumento della domanda di materie prime, con rilevanti impatti ambientali ed economici, cresce la necessità del loro utilizzo in modo più efficiente, di ridurne i consumi e di promuovere l’impiego delle materie prime rinnovabili migliorando le performance e gli impatti ambientali.

L’utilizzo di materie prime seconde da rifiuti, grazie alla maggiore offerta quantitativa e qualitativa di rifiuti provenienti dalla raccolta differenziata e allo sviluppo dell’industria del trattamento, al quale contribuisce in misura sempre maggiore anche la filiera degli imballaggi, saranno, quindi, fondamentali per la competitività, la sostenibilità e la sicurezza dell’approvvigionamento di materiali a medio e lungo termine.

Il mercato delle materie da riciclo, che ormai risponde alle stesse logiche del mercato delle commodities, è in grado di creare ricchezza anche in termini di benefici ambientali collettivi. Grazie all’utilizzo di materie prime seconde si riducono infatti le emissioni di CO2, il ricorso alle materie prime, i consumi energetici e il ricorso alla discarica. Dal 1999 al 2011 la raccolta, il riciclo e il riuso dei materiali di imballaggio ha portato 11,1 miliardi di euro di benefici netti all’Italia.

Il volume d’affari del riciclo degli imballaggi è più del doppio del settore eolico italiano e oltre il 60% di quello fotovoltaico. L’industria del riciclo oggi vale più di settori industriali ben più radicati e storici nell’ambito del sistema Paese, ad esempio il tessile (8,4 miliardi di fatturato – fonte Centro studi Moda Italia) e pari al settore della cosmetica. Rispetto all’anno precedente, il giro d’affari dell’indotto e dell’industria del riciclo nel 2011 (9,5 miliardi di euro) ha avuto un incremento del 7,1%, notevolmente superiore all’aumento registrato dal Pil italiano, che è stato solo dello 0,4%, e all’incremento della produzione industriale che si è attestato allo 0,1%.

«Grazie all’attività che il Sistema Consortile ha svolto e continua a svolgere sul territorio con i Comuni sulla base dell’Accordo Anci-Conai, è stato possibile sfruttare le cosiddette “miniere metropolitane” – afferma Walter Facciotto – i rifiuti urbani da problema si sono trasformati in una risorsa da valorizzare per produrre nuova ricchezza. In questo contesto, l’industria italiana della valorizzazione e della preparazione al riciclo è forte e qualificata e pronta a guardare avanti investendo sempre maggiori risorse sia economiche sia umane».

L’obiettivo è quello di creare le condizioni per una reale “Società del riciclo”: entro il 2020 dovranno infatti essere riciclati il 50% dei rifiuti di carta, legno, plastica e vetro prodotti nel nostro Paese. Obiettivi che potrebbero essere raggiunti migliorando i sistemi di raccolta differenziata dove non ancora presenti, sviluppando tecnologie e soluzioni sempre nuove per ridurre gli scarti derivanti dalle attività di trattamento, aumentando la resa nella valorizzazione dei materiali raccolti a livello urbano e soprattutto sviluppando il mercato dei prodotti a base di materiale da riciclo – ad esempio tramite il Green Public Procurement – un obiettivo per raggiungere il quale rimane imprescindibile riorientare risorse ed incentivi già stanziati altrove, dunque senza gravare ulteriormente sulle finanze pubbliche. Dopo le (buone) parole rimane dunque l’attesa per i fatti.

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